lunedì 19 dicembre 2011

SANTA MONICA UN VERO AFFARE AREE ACQUISTATE A PREZZI GONFIATI


Inchiesta Vegagest, le conclusioni del pm:
l’ex vertice Carife finanziava operazioni immobiliari a prezzi non giustificati

C’è un’osservazione del pm, nell’atto di fine indagine sul caso Vegagest, che - oggi - in tempi di stretta creditizia lascerebbe senza parole artigiani e industriali che annaspano alla ricerca di ossigeno finanziario.
Vegagest Sgr, società di gestione del risparmio costituita nel 2006 e partecipata da Carife, che deteneva la quota più alta del pacchetto di maggioranza (30.52%), aveva creato attraverso la controllata Vegagest immobiliare due fondi legati a due imponenti progetti immobiliari: Santa Monica, a Segrate, e MiLuce, a Milano.
 I fondi erano rispettivamente Aster, per Santa Monica, e Calatrava per MiLuce. Proprio sul sostegno offerto da Carife all’operazione Santa Monica si sofferma il pm milanese Gaetano Ruta, che ne evidenzia il «profilo critico».
A fronte di richieste che prospettavano un’esposizione massima da parte dell’istituto ferrarese pari a 163 milioni, i soggetti interessati ad ottenere il credito avevano infuso risorse esigue, con un rapporto di 1 a 14.
Il progetto era finanziato quasi completamente con fondi Carife - ribadisce l’accusa - la quale aveva costituito il fondo Aster, aveva fornito ai fratelli Siano, ai fratelli Magnoni e al gruppo Bordigoni le risorse necessarie per acquisire le loro stesse quote in Aster oltre al denaro (97.5 milioni più 19.5 di iva) per comprare l’area ex Cascina Boffalora.
 Quest’ultima era stata acquistata quattro anni prima dal gruppo Commerfin (che possedeva quote anche in Aster, dove affiancava Carife) a 12 milioni ma fu rivenduta ad Aster per 117. Una rivalutazione sorprendente che non avrebbe potuto essere effettuata per legge, tenendo conto dei vincoli normativi e dell’imponenza del progetto, è la convinzione del pm. Gennaro Murolo - l’ex direttore Carife indagato per truffa assieme all’ex presidente Carife Alfredo Santini, all’ex vicedirettore Carife Giorgio Tomasi, ai fratelli Siano, ai fratelli Magnoni, al responsabile del gruppo Bordigoni e ad altri due esponenti di Commerfin (gruppo Siano) - era l’uomo “ponte” che collegava Carife con Vegagest Sgr, di cui era vicepresidente.
Un incarico che avrebbe dovuto gestire nell’interesse di Carife, ma che - secondo l’accusa - fu amministrato in danno di essa.
In pratica Carife aveva immesso partecipazioni proprie in Aster ma anche credito, sostenendo - hanno calcolato gli inquirenti - l’89% delle fonti di finanziamento del progetto immobiliare, senza che fossero state evidenziate azioni che garantissero una concreta copertura del rischio bancario.
Quando il progetto si arenò, per la banca la situazione si fece critica e Murolo uscì dall’istituto. Nel 2010 sono stati contabilizzati incagli per alcune decine di milioni in Aster e Calatrava, fondo quest’ultimo creato per lanciare il progetto MiLuce. La storia è simile a quella di Aster: i fratelli Siano erano quotisti di Calatrava ma anche venditori dell’area che avrebbe dovuto ospitare il nuovo insediamento immobiliare.
 L’avevano acquistata, osserva il pm, a 14 milioni nel 2004 e rivenduta 2 anni dopo a Calatrava per 48, una rivalutazione - ribadisce l’accusa - ingiustificata.
A tal punto che, si precisa nell’atto di fine indagine, dalla società venditrice quella stessa area era iscritta a bilancio per un valore non superiore ai 20 milioni.
C’è da ricordare che dopo la metà del decennio scorso il mercato immobiliare iniziò la sua brusca discesa. Un fattore che mise in difficoltà il mondo del credito e le imprese di costruzione.
Resta da capire quanto i vertici di Carife fossero consapevoli del rischio finanziario di quelle operazioni. Sia Murolo che Santini hanno spiegato che quei finanziamenti furono avallati da loro e dal cda della banca nella convinzione che si trattasse di operazioni corrette, comunque eseguite nell’interesse dell’azienda di credito.
 Per la fine dell’inchiesta ora manca l’ultimo passo: l’acquisizione delle testimonianze offerte volontariamente dagli indagati. Santini intende esporre al magistrato la sua posizione. A gennaio il pm deciderà se richiedere, e per chi, il rinvio a giudizio.

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