domenica 19 febbraio 2012

IL SATELLITE, PIAZZA GARIBALDI; LE PERIFERIE, LA CRISI E IL PROBLEMA DELLA CASA ( terza parte )

IL SATELLITE, PIAZZA GARIBALDI,  LE PERIFERIE, LA CRISI E IL PROBLEMA DELLA CASA

3° PARTE

QUALCOSA CHE SI PUÒ FARE
Stiamo parlando di un problema a scala internazionale che ha sviluppi specifici nel nostro paese e nella nostra città. Diversi economisti, tra cui alcuni premi Nobel, chiedevano già nel 2008 ad Obama di aiutare le famiglie che avevano acquistato una casa e non riuscivano a pagarla piuttosto che le banche che li avevano imbrogliati coi mutui subprime.
Questa può e dovrebbe essere la soluzione anche in Italia, dove si dice che la bolla immobiliare non sia arrivata. Ma, come possiamo vedere anche nel caso di Pioltello, ciò  è vero solo in parte.
La tradizione italiana, dove l’80% delle case sono in proprietà, ha un po’ contenuto il fenomeno, ma per contro la speculazione si è dispiegata senza freni verso quelle categorie sociali, gli immigrati soprattutto, che della casa avevano assoluto e urgente bisogno e che guardavano necessariamente più al costo della rata mensile che all’entità complessiva del mutuo. Come negli Stati Uniti, dove il sogno americano che si estendeva malignamente agli immigrati, in Italia la mancanza di un mercato dell’affitto e l’assenza di politiche pubbliche ha costretto gli immigrati a farsi carico dei costi della speculazione. Come ha riconosciuto anche la Banca d’Italia, infatti gli immigrati, indotti dall’impellenza del bisogno, hanno pagato le case più dei nativi, contribuendo a tener vivo il mercato delle vendite e contribuendo indirettamente a far crescere i valore di mercato di tutti gli immobili. La bolla è una sola, ma anche la crisi è una sola ed è sempre quella stessa che oggi frena le vendite al Satellite e la costruzione delle case high tech a Santa Monica.

A Pioltello, A partire dal 2006, cioè da quando si è insediata la nuova amministrazione comunale, gli interventi che erano stati predisposti al Satellite sono stati del tutto abbandonati. Anziché continuare e rafforzare le misure che avevano prodotto una ampia e positiva mobilitazione dei cittadini e degli operatori, si è preferto propagandare faraonici progetti di trasformazione del quartiere, di abbattimento di interi palazzi e di controllo poliziesco delle presenze irregolari. Si è cercato cioè di rabbonire le persone con messaggi demagogici invece di farsi carico dei problemi reali del quartiere. In tal modo anche l’azione volontaria e l’impegno di tante persone che si stavano attivando sono stati frustrati e mortificati. Con quali risultati? Nessuno di quelli annunciati, ovviamente, e anzi con un progressivo peggioramento della gestione economica dei singoli condomini.
Che fare dunque? Qui serve la politica e solo la politica può cercare di costruire soluzioni positive: se le cose si lasciano andare per conto loro possono peggiorare, perché aumenteranno le insolvenze e si deterioreranno il senso civico e le case.
Proviamo a delineare l’agenda di una politica pubblica per una situazione tipo. Siccome Pioltello è la città più multietnica d’Italia e il Satellite il quartiere più multietnico di Pioltello, proviamo a pensare a cosa dovrebbe fare il comune in quel quartiere.
A)    Aiutare le famiglie del quartiere ad uscire dall’isolamento: oggi ognuno è solo coi propri debiti e le proprie angosce e il messaggio che le istituzioni danno loro è “arrangiatevi”, “non sono problemi del comune”. È chiaro che questo messaggio, seppur implicito, che l’amministrazione dà ai cittadini non è solo di estraneità, ma aumenta le angosce e il disimpegno. Siamo al “si salvi chi può” mentre occorrerebbe il sostegno all’azione volontaria.
B)    Sostenere tutti coloro che hanno attitudine, capacità e disponibilità a farsi carico dei problemi, ad essere punto di riferimento nel caseggiato. In fondo il caseggiato è una comunità, una società di fatto, dove la cooperazione conviene a tutti e la mancanza di cooperazione ha un prezzo che tutti sono chiamati a pagare. Ma in un ambiente disgregato, dove i legami sociali tendono a dissolversi, anche la buona volontà individuale viene frustrata. Occorre il sostegno e il riferimento istituzionale, perché solo questi possono dare valore, continuità e significato all’azione individuale.
C)    Bisogna indicare soluzioni di breve periodo, praticabili e in grado di dare subito risultati, anche se piccoli. Non bisogna invece lanciare messaggi contraddittori o paradossali, del tipo “bisognerebbe abbattere i palazzi”, perché questi scoraggiano qualsiasi iniziativa, demotivano e deresponsabilizzano indicano soluzioni semplicemente impraticabili, producono impotenza.
D)    Bisogna costruire buone pratiche, sostenerle, dare a queste continuità e trasferirle creando in loco gli “esperti”, vere e proprie unità operative capaci di comunicare, di risolvere problemi quotidiani, di tenere in pugno situazioni difficili.
E)    Se ci si orienta a fare tutto questo, e in fondo si tratta proprio delle cose che la nostra amministrazione (l’amministrazione De Gaspari) aveva fatto e che avevano dato i primi buoni risultati, poi è possibile e necessario andare oltre, affrontando i problemi economici e finanziari. Questo significa ad esempio distinguere i casi uno dall’altro, considerando che ci sono situazioni recuperabili ed altre molto più difficili: oggi è facile prevedere che anche le situazioni recuperabili diventeranno presto irrisolvibili e così i problemi si aggraveranno via via. Gestire le situazioni debitorie, sia verso il condominio che verso le banche, significa appunto mettere un po’ d’ordine, arginando il disastro.
F)    Abbiamo detto che in tutto questo c’è qualcosa di anticostituzionale: non è retorica, c’è un vulnus che deve essere medicato. Fare emergere il problema nella sua giusta rilevanza è assolutamente necessario. Significa chiamare all’impegno le istituzioni politiche e finanziarie nella ricerca di soluzioni praticabili e condivise. Ma significa anche dare dignità e dimensione collettiva a vicende che, se da un lato stanno scrivendo la storia economica del nostro tempo, dall’altro esauriscono le loro angosce dentro le mura domestiche.
Non è facile fare tutto questo, ma in fondo non è nemmeno poi tanto difficile. E proviamo solo a pensare a come cambierebbero le cose se solo ci fosse davvero qualcuno che desse l’impressione di muoversi in questa direzione, mettendo questi temi al centro dell’azione politica.


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